982 resultados para 3-D reconstruction


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Computer tomography has been used to image and reconstruct in 3-D an Egyptian mummy from the collection of the British Museum. This study of Tjentmutengebtiu, a priestess from the 22nd dynasty (945-715 BC) revealed invaluable information of a scientific, Egyptological and palaeopathological nature without mutilation and destruction of the painted cartonnage case or linen wrappings. Precise details on the removal of the brain through the nasal cavity and the viscera from the abdominal cavity were obtained. The nature and composition of the false eyes were investigated. The detailed analysis of the teeth provided a much closer approximation of age at death. The identification of materials used for the various amulets including that of the figures placed in the viscera was graphically demonstrated using this technique.

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Coral reefs are biologically complex ecosystems that support a wide variety of marine organisms. These are fragile communities under enormous threat from natural and human-based influences. Properly assessing and measuring the growth and health of reefs is essential to understanding impacts of ocean acidification, coastal urbanisation and global warming. In this paper, we present an innovative 3-D reconstruction technique based on visual imagery as a non-intrusive, repeatable, in situ method for estimating physical parameters, such as surface area and volume for efficient assessment of long-term variability. The reconstruction algorithms are presented, and benchmarked using an existing data set. We validate the technique underwater, utilising a commercial-off-the-shelf camera and a piece of staghorn coral, Acropora cervicornis. The resulting reconstruction is compared with a laser scan of the coral piece for assessment and validation. The comparison shows that 77% of the pixels in the reconstruction are within 0.3 mm of the ground truth laser scan. Reconstruction results from an unknown video camera are also presented as a segue to future applications of this research.

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Among the external manifestations of scoliosis, the rib hump, which is associated with the ribs' deformities and rotations, constitutes the most disturbing aspect of the scoliotic deformity for patients. A personalized 3-D model of the rib cage is important for a better evaluation of the deformity, and hence, a better treatment planning. A novel method for the 3-D reconstruction of the rib cage, based only on two standard radiographs, is proposed in this paper. For each rib, two points are extrapolated from the reconstructed spine, and three points are reconstructed by stereo radiography. The reconstruction is then refined using a surface approximation. The method was evaluated using clinical data of 13 patients with scoliosis. A comparison was conducted between the reconstructions obtained with the proposed method and those obtained by using a previous reconstruction method based on two frontal radiographs. A first comparison criterion was the distances between the reconstructed ribs and the surface topography of the trunk, considered as the reference modality. The correlation between ribs axial rotation and back surface rotation was also evaluated. The proposed method successfully reconstructed the ribs of the 6th-12th thoracic levels. The evaluation results showed that the 3-D configuration of the new rib reconstructions is more consistent with the surface topography and provides more accurate measurements of ribs axial rotation.

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A set of NIH Image macro programs was developed to make qualitative and quantitative analyses from digital stereo pictures produced by scanning electron microscopes. These tools were designed for image alignment, anaglyph representation, animation, reconstruction of true elevation surfaces, reconstruction of elevation profiles, true-scale elevation mapping and, for the quantitative approach, surface area and roughness calculations. Limitations on time processing, scanning techniques and programming concepts are also discussed.

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.

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This paper presents a system for 3-D reconstruction of a patient-specific surface model from calibrated X-ray images. Our system requires two X-ray images of a patient with one acquired from the anterior-posterior direction and the other from the axial direction. A custom-designed cage is utilized in our system to calibrate both images. Starting from bone contours that are interactively identified from the X-ray images, our system constructs a patient-specific surface model of the proximal femur based on a statistical model based 2D/3D reconstruction algorithm. In this paper, we present the design and validation of the system with 25 bones. An average reconstruction error of 0.95 mm was observed.

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Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-08

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Photo-mosaicing techniques have become popular for seafloor mapping in various marine science applications. However, the common methods cannot accurately map regions with high relief and topographical variations. Ortho-mosaicing borrowed from photogrammetry is an alternative technique that enables taking into account the 3-D shape of the terrain. A serious bottleneck is the volume of elevation information that needs to be estimated from the video data, fused, and processed for the generation of a composite ortho-photo that covers a relatively large seafloor area. We present a framework that combines the advantages of dense depth-map and 3-D feature estimation techniques based on visual motion cues. The main goal is to identify and reconstruct certain key terrain feature points that adequately represent the surface with minimal complexity in the form of piecewise planar patches. The proposed implementation utilizes local depth maps for feature selection, while tracking over several views enables 3-D reconstruction by bundle adjustment. Experimental results with synthetic and real data validate the effectiveness of the proposed approach

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[EN] In this work, we present a new model for a dense disparity estimation and the 3-D geometry reconstruction using a color image stereo pair. First, we present a brief introduction to the 3-D Geometry of a camera system. Next, we propose a new model for the disparity estimation based on an energy functional. We look for the local minima of the energy using the associate Euler-Langrage partial differential equations. This model is a generalization to color image of the model developed in, with some changes in the strategy to avoid the irrelevant local minima. We present some numerical experiences of 3-D reconstruction, using this method some real stereo pairs.

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GOAL: In the following, we will present a newly developed X-ray calibration phantom and its integration for 2-D/3-D pelvis reconstruction and subsequent automatic cup planning. Two different planning strategies were applied and evaluated with clinical data. METHODS: Two different cup planning methods were investigated: The first planning strategy is based on a combined pelvis and cup statistical atlas. Thereby, the pelvis part of the combined atlas is matched to the reconstructed pelvis model, resulting in an optimized cup planning. The second planning strategy analyzes the morphology of the reconstructed pelvis model to determine the best fitting cup implant. RESULTS: The first planning strategy was compared to 3-D CT-based planning. Digitally reconstructed radiographs of THA patients with differently severe pathologies were used to evaluate the accuracy of predicting the cup size and position. Within a discrepancy of one cup size, the size was correctly identified in 100% of the cases for Crowe type I datasets and in 77.8% of the cases for Crowe type II, III, and IV datasets. The second planning strategy was analyzed with respect to the eventually implanted cup size. In seven patients, the estimated cup diameter was correct within one cup size, while the estimation for the remaining five patients differed by two cup sizes. CONCLUSION: While both planning strategies showed the same prediction rate with a discrepancy of one cup size (87.5%), the prediction of the exact cup size was increased for the statistical atlas-based strategy (56%) in contrast to the anatomically driven approach (37.5%). SIGNIFICANCE: The proposed approach demonstrated the clinical validity of using 2-D/3-D reconstruction technique for cup planning.

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Increasing the field of view of a holographic display while maintaining adequate image size is a difficult task. To address this problem, we designed a system that tessellates several sub-holograms into one large hologram at the output. The sub-holograms we generate is similar to a kinoform but without the paraxial approximation during computation. The sub-holograms are loaded onto a single spatial light modulator consecutively and relayed to the appropriate position at the output through a combination of optics and scanning reconstruction light. We will review the method of computer generated hologram and describe the working principles of our system. Results from our proof-of-concept system are shown to have an improved field of view and reconstructed image size. ©2009 IEEE.